Tessiture allo Spazio Orlandi

articolo di Stefano Serusi

 

Una rutilante e schietta teoria di icone femminili si contende le pareti dello Spazio Orlandi, ex laboratorio orafo milanese da qualche tempo convertito all’arte contemporanea. Sono soprattutto attrici di un cinema che oggi non esiste più, in immagini che una volta costituivano i loro ritratti ufficiali, quelli da autografare agli ammiratori, che riproposti in supporti e formati differenti appaiono impreziositi da velette in pizzo antico che Pietro Di Lecce ha cucito sui loro sguardi. Il velo non ha limitato la loro capacità di osservarci, ma è lì per rappresentare piuttosto quella censura delle loro vite a cui noi, il pubblico, abbiamo assistito perché restassero presenze rassicuranti nel nostro immaginario: si tratta infatti di donne precocemente anticonformiste, madri senza marito, intellettuali, attiviste politiche, sensibilità insomma molto differenti dal ruolo propagandato di una moglie italiana ancora estranea al mondo del lavoro e persino a qualsivoglia impegno extradomestico.

 

Lungi quindi dal poter conoscere il loro reale pensiero, abbiamo per anni ammirato i volti famigliari delle Sofie Scicolone, delle Moniche Vitti e delle altre muse, sino a risalire alle icone silenziose del primissimo cinema giolittiano, come un lungo infinito mistero mai svelato.

 

L’artista, in un’operazione inedita, separa nettamente quella che individua come una sensibilità tipicamente italiana, volta a modellare delle dee domestiche, dalla tendenza statunitense di generare invece figure estreme sia nel divismo che nelle cadute, tra il Codice Hays e la Babilonia di Kenneth Anger. In questa visione italianizzante è necessario non solo reiterare l’immagine di una vita privata fondalmentalmente conservatrice, con tutti i cliché del buon matrimonio, dei figli, della fede, ma anche fare apparire la diva come la perfetta amica pronta a dispensare persino ricette di cucina o indicazioni sulla bontà di questo o quel prodotto. A questa immagine speculare e un po’ pigra del Bel Paese, Di Lecce accosta sornione un tricolore trafitto da languidi spaghetti di lana, ed alcuni elementi installativi misurati ma aneddotici tra cui una piccola pendola ferma, un mobile da ingresso in stile, un altare improvvisato con la severa immagine di una matriarca estinta.

 


Tessiture 15b, 2013, tessuto sintetico, lana, 89 x 131 cm, courtesy l’artista e Spazio Orlandi

Tessiture 10, 2013, tulle su tela fine art stampata, 66 x 49,8 cmcourtesy l’artista e Spazio Orlandi


Tessiture 9, 2013, tulle su tela fine art stampata, 66 x 49,8 cm, courtesy l’artista e Spazio Orlandi



Tessiture 11, 2013, passamaneria e tulle su tela fine art stampata, 37,8 x 25 cm
courtesy l’artista e Spazio Orlandi

 

Pietro Di Lecce, Tessiture, a cura di Ivan Quaroni, è visitabile su appuntamento sino al 15 aprile 2013 presso Spazio Orlandi, via Vespri Siciliani 16/4 Milano (tel. 3902473046).