Filmmaker Festival 2015: Cane Caro | Tre domande a Luca Ferri . Intervista di Patrizia Emma Scialpi

Filmmaker Festival 2015: Cane Caro | Tre domande a Luca Ferri

Intervista di Patrizia Emma Scialpi

Inizio col dirti che ho davvero molto apprezzato Cane Caro.

Conoscevo il filmato che circola sul canale Youtube e che il tuo film utilizza come base visiva: com’è nata l’idea di farci un film e di caratterizzare quel filmato come immagini connesse all’esposizione di una lettera d’amore?

Tutto è nato dall’interesse che nutro nei confronti del cinema scientifico e dalla ricerca che ho effettuato negli archivi disponibili online. Archivi dove è possibile trovare un cinema di grande pregio molto simile all’architettura prima degli architetti, dove il rigore e la potenza dell’immagine è figlia della necessità. La storia raccontata con voce meccanica nasce dalla bellezza della putrefazione e dell’isolamento. A consolarci restano le borse senza scritte delle anziane signore.

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Luca Ferri “Cane Caro”, still
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Luca Ferri “Cane Caro”, still
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Luca Ferri “Cane Caro”, still

La scelta di una voce narrante priva di toni emotivi, piatta ma precisa, che riveste meccanicamente il suo ruolo si inserisce perfettamente in una evidente propensione al meccanismo. Il ricorso al found footage, la scelta del suono ma soprattutto le dinamiche ripetitive – emblematiche dei processi tecnici fanno sì che emerga un dato non solo estetico ma soprattutto emotivo e consolatorio in questo tipo di logica: ce ne parli? Come attraversa la tua volontà di autore di un’opera?

Togliere spazio all’infingardo umano, all’enfasi, alla creazione di un ambiente emotivo da quattro danari. L’onestà ed il rigore dei procedimenti meccanici sono una forma di epurata bellezza. Ho voluto rifilmare le immagini precedentemente girate in russia utilizzando la scarsa connessione dell’isolato luogo in cui vivo sfruttando i limiti di connessione come una rinnovata opportunità. I pixel impazziti e lenti si sovrapponevano e deflagravano l’immagine permettendomi di limitare al massimo il mio operato sull’immagine e di registrare quella nuova forma apparsa mediata da una tecnica deficitaria. Ho così potuto concentrare nel testo un ossessivo racconto intimo e privato.

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Luca Ferri “Cane Caro”, still
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Luca Ferri “Cane Caro”, still

 

Attraverso diversi aspetti dei tuoi film emergono fugaci collegamenti in ambito cinematografico (evidenti sono le affinità con la poetica portata avanti da Ciprì&Maresco) ma anche ulteriori relazioni con esponenti del teatro (Alfred Jarry, Antonin Artaud) e coi maestri della storia dell’arte. C’è qualche innesto invece verso il mondo dell’arte contemporanea?

La citazione sulle residenze artistiche è per me uno di quei momenti che immediatamente crea un cambio di percezione: quello che sto osservando non sono bizzarre quanto interessanti immagini di repertorio bensì assisto in una clinica – guidata da un dottore russo somigliante ad Adorno – alle riflessioni/confessioni di un anziano signore che ha portato lì il suo caro e amato cane.

Non posso non chiederti: segui quindi l’arte contemporanea? Ti interesssa? La tua è una posizione totalmente critica nei confronti del sistema artistico contemporaneo o c’è qualche aspetto o singolo artista in questo ambito che apprezzi?

L’arte contemporanea non m’interessa, cerco di evitarla il più possibile. Talvolta mi concedo delle visite ma ho sempre l’impressione di essere stato troppo possibilista e di un eccessivo buon umore per sprecare tempo in questo modo. Sono pochissime le eccezioni che ammiro ma in quasi tutti i casi si tratta di autori defunti legati ad altre forme di linguaggi. Peter Fischli e David Weiss, Absalon, le architetture di Valerio Olgiati e Piero Fornasetti, il teatro dei pupi di Nino Cuticchio, la ricerca fotografica insuperata di Luigi Ghirri e Piero Donzelli, la letteratura definitiva di Thomas Bernhard e Giorgio Manganelli.

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Ritratto di Luca Ferri

(http://www.ferriferri.com/)