Una mostra per l’anno presente | Intervista ad Alberta Romano | Di Stefano Serusi

Ho Intervistato Alberta Romano in occasione della “mostra dell’anno”, per la precisione dell’anno 2016: “Exhibition of the year 2016”, ospitata da t-space. La mostra, che coinvolge gli artisti Lorenzo Kamerlengo, Luca Loreti e Alessandro Moroni è curata da Alberta Romano ed è visitabile su appuntamento sino al 16 luglio 2016.
Siccome gli spunti aperti dalla mostra sono molti, ho scelto di intervistare la curatrice limitando, per ora, l’analisi a un punto di vista specifico.

 

A differenza di Margherita Sarfatti, che con “Novecento” dichiarava di codificare lo stile di un intero secolo d’arte, con uno statement praticamente opposto ci inviti a una mostra che anziché circoscrivere un anno – il 2016 – potrebbe tra qualche stagione apparirvi circoscritta. Possiamo ricavarne che la definizione a priori di forme e stili è comune a diversi periodi della storia dell’arte, e che è cambiata solo la durata, la presunta validità?

Exhibition of the year 2016 parla anche di questo, parla di circoscrizione e di velocità. Il colore dell’anno, ad esempio, viene comunicato prima che l’anno stesso abbia inizio e in brevissimo tempo, attraverso web e social network, si diffonde dettando le proprie regole. Oggi l’informazione è più veloce e soprattutto si sviluppa e si diffonde in canali decisamente più estemporanei ed effimeri. Un’informazione di questo tipo è, per sua natura, destinata a essere fulminea e se vogliamo circoscritta. Questo non vuol dire, però, che un singolo fenomeno non abbia una propria storia alle spalle o che non basi la sua esistenza su qualcosa di diverso. Basta pensare alla scelta di Pantone per il 2016, che porta con sé storie, periodi e movimenti diversi come il Vaporwave e il Seapunk. Insomma, sebbene alcune scelte possano sembrare circoscritte, se analizzate in maniera approfondita possono, spesso, rivelare molto di più.
Tuttavia non penso che la chiave del discorso sia da rintracciare nelle definizioni, nelle forme e negli stili predefiniti, credo che ciò su cui vada concentrata l’attenzione sia la fruizione e la velocità con cui questa sta cambiando. Un sistema di questo tipo sta generando dei risultati molto interessanti, poliedrici ed estremamente densi di significato.

Luca Loreti - Installation View - Exhibition of the year 2016 - t-space - Ph_Giulia Spreafico
Luca Loreti – Installation View – Exhibition of the year 2016 – t-space – Ph_Giulia Spreafico

 

A proposito di questo tema ho pensato che l’aspetto consolatorio che hanno alcuni elementi che fanno parte della nostra quotidianità (i coloranti alimentari, i supereroi, le musichette) nella mostra non sono esclusivamente avversati, e che forse questa sorta di distopia sorniona in cui viviamo non è poi così male, se in fondo ci rappresenta così bene…

La mostra invita il visitatore a riflettere anche su questo tema. Per quanto riguarda i lavori, si tratta di operazioni molto diverse tra loro, che non sempre prendono una posizione netta, ma che riflettono a loro volta sulla dimensione nella quale agiscono.
Quello che posso dire io è che non mi sento rappresentata dalle musichette, né dai supereroi, né tanto meno dai coloranti alimentari; ne riconosco l’influenza, a volte l’efficacia e l’estrema seduzione, ma dubito della loro forza rappresentativa. D’altro canto quello su cui fa leva Pantone è lo stesso meccanismo che caratterizza, da secoli, l’estetica kitsch. L’abbandono sornione a questo tipo di consolazioni vuote e fini a se stesse è lo stesso abbandono spensierato a cui si lascia andare una madame Bovary mentre guarda i tramonti in riva al mare. Da sempre il kitsch ha avuto un approccio di questo tipo proponendo una rappresentazione edulcorata dei contenuti che circolavano. Il kitsch si rivolge alla massa e di conseguenza propone un gusto che abbia presa facile su un vasto numero di persone. La spensieratezza, il sentimentalismo e il patetismo senza via d’uscita hanno sempre riscosso un grande successo mediatico. Io continuo a non sentirmi rappresentata da tutto ciò, ma basterà leggere criticamente questi fenomeni che ci circondano per contestarli?
Questo, noi, ce lo stiamo ancora chiedendo.

 Installation View - Exhibition of the year 2016 - t-space - Ph_Giulia Spreafico
Installation View – Exhibition of the year 2016 – t-space – Ph_Giulia Spreafico

 

Come hai iniziato a interessarti al tema, hai condiviso da subito questo interesse con gli artisti poi invitati?

A dire il vero la discussione è nata con loro e grazie a loro. Gli artisti “invitati” sono prima di tutto colleghi e amici con i quali condivido interessi lavorativi e non. Quando a febbraio ho letto l’articolo del LOKI[1] Journal sulla scelta di Pantone, mi sono interessata subito all’argomento, non solo perché mi avrebbe fatto piacere approfondirlo teoricamente, ma soprattutto perché conoscendo abbastanza bene le ricerche e gli interessi dei ragazzi sapevo che avrebbero potuto sviluppare dei ragionamenti interessanti e stimolanti per la loro stessa ricerca artistica.

 

 

Installation View - Exhibition of the year 2016 - t-space - Ph GiuliaSpreafico
Installation View – Exhibition of the year 2016 – t-space – Ph GiuliaSpreafico
Installation View - Exhibition of the year 2016 - t-space - Ph GiuliaSpreafico
Installation View – Exhibition of the year 2016 – t-space – Ph GiuliaSpreafico
Lorenzo Kamerlengo - Installation View - Exhibition of the year 2016 - t-space - Ph GiuliaSpreafico
Lorenzo Kamerlengo – Installation View – Exhibition of the year 2016 – t-space – Ph GiuliaSpreafico

 

Nell’allestimento gli elementi appaiono strettamente legati tra loro, come del resto racconta Pantone con il suo “Color of the Year 2016”, ci puoi raccontare come è stato sviluppato?

La prima volta che ho parlato con Luca Loreti e Alessandro Moroni di Pantone ( con Lorenzo Kamerlengo c’era da aspettare il fuso orario australiano) eravamo seduti su dei cuscini sul pavimento di t-space completamente vuoto. Gli incontri successivi, le proposte e le discussioni sono nate sempre in contesti simili, in cui lo scambio di opinioni era alla base stessa dello sviluppo del dialogo. Questo per dire che se la mostra riesce (fortunatamente) a trasmettere questo tipo di legame e di collaborazione è per il semplice motivo che abbiamo lavorato a stretto contatto l’uno con l’altro e poi perché Luca e Alessandro andavano già molto d’accordo, essendo membri e fondatori della realtà di /77, insomma in quanto a sintonia andavo sul sicuro.

Installation View - Exhibition of the year 2016 - t-space - Ph GiuliaSpreafico
Installation View – Exhibition of the year 2016 – t-space – Ph GiuliaSpreafico
Lorenzo Kamerlengo - Installation View - Exhibition of the year 2016 - t-space - Ph Giulia Spreafico
Lorenzo Kamerlengo – Installation View – Exhibition of the year 2016 – t-space – Ph Giulia Spreafico

 

In poche occasioni si approfondisce la ricerca propria di un curatore, mi piacerebbe chiederti se c’è un legame tra “Exhibition of the year 2016” e il ciclo delle mostre Xenia, e più in generale quali temi ti interessano maggiormente.

Innanzitutto grazie per la domanda, non mi ero mai chiesta cosa potesse accomunare questi due progetti così diversi tra loro. Credo che il legame sia il processo o meglio il dialogo. In entrambi i casi sono partita da un contesto familiare, accogliente e piacevole all’interno del quale si è, successivamente, sviluppato un discorso o più semplicemente uno stimolante scambio di opinioni. La mostra non è tanto un punto di arrivo quanto un momento di condivisione più ampia di un discorso avviato già da tempo.
Per quanto riguarda ciò che mi interessa vorrei risponderti in maniera precisa ma ahimè, non lo so neppure io, o forse non ho ancora intenzione di focalizzare la mia attenzione su temi predefiniti. Sono curiosa, mi piace leggere e mi piace scrivere, basta come risposta?

 

[1] K.Yuen Kit Lo, The Propaganda of Pantone: Colour and Subcultural Sublimation, LOKI Journal, 22 febbraio 2016