Segni, disegni e carte. Dalla raccolta Bice Bugatti Club

Fino al 30 aprile è possibile visitare la mostra Segni, disegni e carte. Dalla raccolta Bice Bugatti Club, a cura di Rossella Farinotti, Andrea Lacarpia e Simona Squadrito, presso Sala Gioia a Nova Milanese, in piazza Gioia 1 (orari di apertura: sabato 15.30 – 18.30 | domenica 10.00 – 12.00 / 15.30 – 18.30)

La mostra riunisce una vasta selezione di opere su carta, del Novecento come dei primi anni Duemila, raccolta da Luigi Emanuele Rossi, presidente del Bice Bugatti Club.

Qui di seguito pubblichiamo i testi dei curatori della mostra.

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Un momento dell’inaugurazione della mostra (nella foto da sinistra: Rossella Farinotti, Bros, Luigi Rossi, Alessandro Savelli, Rosaria Longoni)

“Se ogni passione, infatti, confina col caos,
quella del collezionismo confina col caos dei ricordi”.

È possibile leggere una raccolta di opere d’arte come il frutto di un percorso fatto di orientamenti e disorientamenti. Una raccolta si costituisce grazie alla capacità di chi cerca e colleziona di perdersi nei percorsi, nella sua l’abilità di saper naufragare e scoprire territori poco battuti. La raccolta di disegni e di opere su carta del Bice Bugatti Club racconta di un camminare senza l’ausilio di una mappa, di un camminare simile a un esplorare.
L’artefice di questa collezione è paragonabile a un Flaneur serendipico, dove nel suo percorso di territori non segnalati dalla mappa, nel suo perdersi nel girovagare nei luoghi dell’arte viene accompagnato da delle fortunate scoperte, da indimenticabili e fondamentali incontri. Il flaneur è un termine che non trova una traduzione adeguata nella lingua italiana e indica una figura parigina, divenuta famosa grazie a Baudelaire. Il flaneur è un esteta, un sognatore che ama passeggiare per la città in modo calmo, privo di fretta e di mete prestabilite. E’ uno stato d’animo, è l’abilità di restare sempre curiosi, di reagire d’istinto e con intuito (Benjamin). Il nostro flaneur, Luigi Emanuele Rossi, presidente del Bice Bugatti Club, insiste sulla natura istintiva di questa raccolta, che, a ben guardare, immortala l’immagine di una personalità abitante della soglia, di quel luogo o non luogo caratterizzato dal non essere né un dentro né un fuori, di una personalità che ama “lavorare nelle zone grigie dell’arte” (Luigi Rossi).  La raccolta finalmente esposta nella sua interezza è una ricca e affascinate selezione di circa cinquanta opere su carta, selezionate negli anni dal Bice Bugatti Club. In questa ricca e variegata rosa di lavori trovano posto opere di rilevanza storica, che hanno segnato il Novecento artistico come ad esempio le opere di Georges Rouault, Pippo Oriani, Emilio Tadini, Anselmo Bucci, Giorgio Bellandi. Altre opere sono strettamente legate alla famiglia Bugatti come i disegni Marcello Dudovich, artista che lavorò come disegnatore e pubblicitario degli indimenticabili manifesti delle macchine Bugatti o l’artista Sonia Terk Delaunay creativa dell’eccentrica Bugatti Type 35. Un altro gruppo di opere sono come omaggio del Bice Bugatti Club e del suo fondatore alla figura femminile. Alcune delle opere esposte raccontano, invece, di vicende più personali, di importanti relazioni e amicizie e del legame che l’associazione Bice Bugatti Club mantiene con il territorio. In questo contesto trovano posto i bellissimi disegni di Vittorio Viviani, i lavori di Pierantonio Verga e Arturo Vermi, le raffinate carte di Franco Marrocco e i grandi paesaggi su carta di Alessandro Savelli fino ad arrivare ad opere di artisti emergenti nel panorama italiano, come gli studi sulle vegetomorfie di Elia Gobbi e un’opera della serie Postcard Gilles di Sebastiano Impellizzeri. È lecito leggere questa raccolta come un racconto di vita personale, contraddistinto della passione per l’arte e per la storia, frutto dell’intuito del nostro flaneur. Allo stesso modo il progetto espositivo si sviluppa tracciando dei percorsi che fanno dialogare segni e significati, forme e colori che si snodano nella storia. Ciò che sembra decisivo in questa raccolta è che ogni opera riesce ad entrare in un rapporto molto stretto con le altre opere, dove caso, intuito e istinto concorrono insieme in un’armonia generale di fondo. Ogni singola lavoro riesce a essere una sorta di enciclopedia di un determinato momento , contesto storico e sociale, mentre tutta la raccolta nella sua interezza fa emergere in modo decisivo un’unica personalità mossa dall’amore e dalla passione per le tracce umane, sono oggetti di memoria, di pensiero e di coscienza unite dalla ricerca incondizionata della bellezza.

Simona Squadrito

 

Tra ragione ed istinto, il segno nella prima metà del Novecento

La realtà dell’uomo è modellata dal linguaggio, dal sistema di segni che colora la percezione del mondo con diverse sfumature di senso.
Nell’espressione visiva, il segno può comunicare stati d’animo universali e nel contempo trasmettere attitudini e pose di epoche e luoghi particolari, da interpretare e tradurre con gli strumenti della storia dell’arte.
Nella raccolta del Bice Bugatti Club le due anime della passione per l’arte, quella istintiva e quella filtrata dall’interesse per particolari espressioni o momenti storici, convivono armoniosamente, andando a delineare una densa varietà di percorsi semantici che uniscono la sensibilità per il segno e il colore, sentiti come gioiose espressioni dell’impulso vitale, con la peculiarità sperimentale che ha contraddistinto l’avanguardia artistica dai primi decenni del Novecento ad oggi.
Elegante ed essenziale, la linea è la protagonista di un nutrito gruppo di disegni di Marcello Dudovich, artista e pubblicitario noto soprattutto per la cartellonistica, che con il suo stile fresco e incisivo è stato uno dei protagonisti del connubio con l’arte che ha contraddistinto larga parte del linguaggio pubblicitario della prima metà del Novecento. Ricordando la collaborazione tra Bugatti e Dudovich, che portò alla produzione di pregevoli manifesti nei quali si esaltava l’automobile come protagonista del mito moderno, la raccolta di disegni degli anni ‘30 testimonia il periodo di avvicinamento dell’artista alle solide volumetrie dello stile Novecento, in una raffinata sintesi art-déco dinamica e vivace nonostante la severità dello stile dell’epoca.
Insieme al segno e il colore, i soggetti femminili sono gli altri protagonisti dell’intera collezione di carte del Bice Bugatti Club. Se Dudovich rappresenta una donna moderna, vigorosa ed emancipata, negli stessi anni il pittore futurista Aris Bacci, nei suoi bozzetti per moda femminile, tratteggia una femminilità più frivola e quasi grottesca, che unisce dolcezza e pose da femme fatale. Come Dudovich, Bacci lavorò assiduamente come pubblicitario e progettista, in particolare nell’ambito di una stretta collaborazione con Ettore Bugatti, intuendo le ampie potenzialità comunicative dell’avanguardia artistica nell’ambito della comunicazione di massa. I bozzetti di Bacci, tracciati con la veloce freschezza dell’abile disegnatore che fissa l’idea in pochi tratti, esprimono la vanità della moda ed insieme la gioiosa ed accattivante vitalità dell’immaginario futurista.
L’interesse di Dudovich e Bacci per la pubblicità e il disegno industriale testimonia il clima d’apertura alla vita, espresso dal dialogo tra belle arti e arte applicata, che nel Novecento emerse come reazione alla rigidità dell’accademismo ottocentesco.
L’arte entra nella quotidianità per affermare nuove modalità percettive, come nelle vibranti campiture astratte con le quali Sonia Terk Delaunay descrive la frammentazione della luce traducendola in colori puri, con una progettualità che l’artista ha applicato anche al disegno tessile e al design di un importante modello storico della Bugatti da corsa, la Type 35.
Presente nella collezione di Luigi Rossi con una litografia che presenta una composizione di forme curvilinee ed ortogonali, Sonia Terk Delaunay ha lavorato nell’ambito dell’orfismo, nome dato da Guillaume Apollinaire ad una particolare corrente del cubismo dei primi anni ’10 del Novecento, nella quale lo spazio pittorico si slega dalla rappresentazione della realtà per avvicinarsi all’astrazione.
Influenzato sia dal cubismo che dal futurismo, Pippo Oriani definì un proprio stile personale, nel quale la scomposizione delle forme e l’annullamento della prospettiva vanno a suggerire il movimento in uno spazio dai colori vivaci, nel quale le figure sembrano sospese ed alleggerite dal peso fisico. Nella collezione Luigi Rossi sono presenti due opere di Oriani, nelle quali soggetti particolarmente cari all’artista, le figure femminili e le maschere, sembrano duplicarsi come a riassumere la sovrapposizione di diversi fotogrammi, in una visione simultanea che si trasforma in intima conversazione.
Un volto femminile, dallo sguardo magnetico e malinconico, è il protagonista di un disegno di Anselmo Bucci, nel quale la descrizione chiaroscurale della figura ci riporta alla semplice plasticità degli artisti riuniti da Margherita Sarfatti nel movimento Novecento, gruppo che comprese i maggiori artisti italiani dell’epoca, appartenenti ad un clima di ritorno all’ordine particolarmente aperto alle diversità espressive individuali, comprendente temperamenti che vanno dalla severa monumentalità di Mario Sironi alla più pacata introspezione psicologica di Bucci. La precoce abilità di Anselmo Bucci nella resa realistica del chiaroscuro è testimoniata anche da un’incisione giovanile, realizzata a Parigi nel 1910, nella quale la profondità dello spazio intorno alla cattedrale di Notre Dame è descritta con grande ricchezza di particolari.
Un tratto di natura opposta, robusto e primitivo, emerge da un’altra tra le opere più rilevanti della collezione del Bice Bugatti Club, un’acquaforte del 1922 di Georges Rouault, nella quale una testa femminile è descritta con spessi contorni neri, tipici dell’artista, che delimitano forme massicce ed arcaiche, dall’intensità particolarmente marcata. Incluso nel gruppo dei fauves, tra essi Rouault rappresentò il versante maggiormente istintivo, tendenza che lo portò ad uno stile sempre più espressionista ed esistenzialista.
Pur apparendo come l’antitesi del sensuale dinamismo comunicato dagli altri artisti finora menzionati, il dramma dello spirito che emerge nell’opera di Rouault esprime la stessa necessità vitale che, nella continua ridefinizione della visione della realtà, ha contraddistinto l’intenso svolgimento del secolo breve.

Andrea Lacarpia

Paolo Schiavocampo - Metafora 5, Demetra 5, Astante 1a
Paolo Schiavocampo – Metafora 5, Demetra 5, Astante 1a

L’arte del disegno: una passeggiata d’artista.
“Il disegno è l’arte di condurre una linea a fare una passeggiata”, sosteneva Paul Klee. E il disegno in effetti rappresenta quel gesto che fa sentire l’artista più libero. L’artista visivo ha sempre in mano un “quaderno degli appunti” dove lascia segni, tracce, piccoli o grandi gesti che alla fine rimangono nel tempo e hanno un valore documentativo spesso superiore
rispetto a una grande opera d’arte. Perché il disegno non racconta menzogne, deriva da un gesto più istintivo e meno calcolato, e dunque, più vero: l’artista su un foglio di carta ha meno pressioni, può cancellare e rifare, e i segni del cambiamento rimangono, non svaniscono. “Cosa fa l’artista? Crea forme e spazi! Ma come li crea? scegliendo proporzioni…” (P. Klee, Poesie). L’artista racconta se stesso, o si nasconde dietro a una linea? E’ questa la “passeggiata” che da anni interessa a personaggi come Luigi Rossi: attori che nel mondo dell’arte assumono quel ruolo di custodi. Il mondo del collezionismo non è sempre legato al puro mercato, ma è soprattutto veicolato da un fondamentale elemento: la passione. Una grande passione per gli artisti e il loro prodotto, che si sviluppa sia per una suggestione immediata ed estetica, che per il ruolo sociale che l’artista ha trasmesso in una determinata opera. E’ questo che più affascina Luigi Rossi che, passo per passo, negli ultimi anni ha mescolato passione, ossessioni, viaggi, esperienze e amicizie all’interno di una densa raccolta di disegni. Disegni e carte costituiti da pennellate e segni, da gesti più o meno sofferti, più o meno studiati, rigorosi o naif, poetici o duri: una collezione eterogenea unita da un solo legame, la personalità e l’occhio di un soggetto
che ha dimostrato, nel corso degli anni, un grande amore per l’umanità sotto ogni traccia. La raccolta del Bice Bugatti Club nel corso degli anni ha collezionato molte tracce di artisti diversi per formazione, tecnica e generazione. Una forte presenza è costituita da disegni contemporanei – datati dal 2000 al 2015 – prettamente astratti, a sottolineare l’attenzione di Rossi e del Bice Bugatti per la sperimentazione della forma e le varie potenzialità del colore. Da giovani come Ilaria Forlini, agli storici come Arturo Vermi con tocchi raffinati e molto semplici su fogli bianchi. Un secondo gruppo ben distinto è quello del paesaggio: una tematica qui trattata in bilico tra l’astrattismo rigoroso ed elegante di un Verga, e i paesaggi industriali, grigi e cupi, trattati da Cerri, in uno stile che rimanda al classico Sironi, con un forte richiamo ai luoghi della Brianza, i luoghi dove è nato e si è sviluppato il Bice Bugatti Club e il successivo Premio Segantini, dedicato al disegno. Il paesaggio legato all’informale è rappresentato dalla presenza dei disegni di Alessandro Savelli, in particolare da Luna delle
montagne: un racconto romantico tra cielo e terra, o tra luna e sogni, che l’artista e architetto crea attraverso cromie immediatamente riconoscibili dagli azzurri surreali e fantastici e i rosa e rossi quasi pigmentati. Infine c’è una parte densa all’interno della raccolta: il ricco gruppo di carte e disegni figurativi dedicati al tema del ritratto dell’umano nelle sue forme più variegate, a indicare un legame con le sofferenze, le debolezze e i punti forza di quei corpi e volti che sono stati incontrati negli anni e, finalmente, uniti in questa collezione ed esposti insieme per la prima volta in pubblico.
Ritratti storici, come la preziosa acquaforte del 1922 di Georges Rouault che rappresenta un deciso profilo di donna, quasi primitivo, costituito da poche pennellate sicure e nere. O la toccante figura disegnata a matita – uno dei lavori più rappresentativi di un’epoca all’interno della collezione Bice Bugatti – di Claudio Borghi del 1943: un uomo fragile, ma forte nello stesso tempo per la potenza del tratto dell’artista che lo ha abbozzato. Un corpo perfetto, ma che mostra tutte le sue fragilità. Quelle fragilità che Rossi vede negli artisti a cui affida il compito di spiegare ciò che gli altri non riescono a fare, e che lo porta ad acquistare anche opere senza valore commerciale – per ora – da giovani artisti fuori dalle Accademie di tutto il mondo, dall’Italia a Cuba, agli Stati Uniti. Ancora di umanità trattasi con i ritratti più borghesi di Angelo Bordiga o il volto con gli occhiali di Renato Galbusera, che rimanda al nostro passato futurista per lo stile del soggetto e il gesto pittorico. Nella raccolta c’è anche un ritratto di Giuseppe Bombaci, un artista contemporaneo colto e dalla suggestiva tecnica pittorica, a volte rinascimentale. Un volto interessante è rappresentato dal ritratto a Simone Weil realizzato da Antonio Miano. E poi ci sono i raffinati disegni meno drammatici, ma più leziosi nei soggetti, come le belle donnine di Aris Bacci, presente con nomi come Remo Brindisi – bellissimi i disegni in mostra con pochi tratti a creare forme fluide e in particolare un uomo in blu con una pecorella tra le braccia-, Emilio Tadini – fruibile attraverso i classici profili dei suoi uomini particolari – Anselmo Bucci, Marcello Dudovich. E poi ancora di umanità trattasi con il nudo sdraiato di Lodigiani: tanti tratti veloci a carboncino per sottolineare una figura nascosta, a testa in giù, al riparo dal tempo e, forse, dall’occhio critico del fruitore.

Rossella Farinotti