Thomas Berra – Dopo il diluvio | testo di Simona Squadrito

Dopo il diluvio, mostra personale di Thomas Berra a Villa Vertua Masolo a Nova Milanese, è visitabile fino all’11 febbraio 2017.
In questa occasione l’artista presenta una selezione di opere recenti, dal titolo Elogio delle vagabonde.
Di seguito il testo critico di Simona Squadrito, curatrice della mostra, e una selezione di fotografie della mostra realizzate da Zeno Zotti

 

 

DOPO IL DILUVIO

SIMONA SQUADRITO
Nelle sere azzurre d’estate andrò per i sentieri,
pizzicato dal grano, a calpestare l’erba tenera:
come in sogno ne sentirò il fresco nei piedi.
Lascerò che il vento bagni la mia testa nuda.
Non dirò nulla, non penserò a niente:
ma l’amore che non ha fine mi riempirà l’anima,
e andrò lontano, molto lontano, come un vagabondo
attraverso la Natura, felice come quando si sta con una donna.
Sensazione (Arthur Rimbaud)


Dopo il diluvio è un’immagine mentale, quella di un desiderio. È la riscoperta dell’essenziale e della semplicità, la presa di consapevolezza di un artista che sa di poter ricreare il mondo con un solo colore; la forma di una sensazione attraverso l’immagine di intrichi di fogliame dove tutto è essenziale e abbondante.
Guardate fuori dalla finestra durante un pomeriggio scuro d’inverno e immaginate di costeggiare una strada sterrata di provincia, di camminare tra i sentieri pigmei di un orto botanico di quartiere, di passeggiare dentro un giardino arabo. Infine, provate a ricordare l’atmosfera delle Mille e una notte.
La serie Elogio delle vagabonde, ultimo ciclo di pitture di Thomas Berra, è un erbario di pittura liquida dal lirismo nostalgico. Si tratta di infinite variazioni di piante, vegetomorfie e foglie.
Occorre cercare nella condizione di spirito dell’artista, nei suoi viaggi, nelle sue passeggiate e nella sua immaginazione per intrattenere una relazione con questo tragitto che sprofonda all’interno della natura, il percorso di un ripensamento della pratica pittorica che si fa studio di un colore.
Il verde costringe il pittore a confrontarsi con tutti quei gradi intermedi che stanno tra il tono più luminoso e quello più scuro. È un colore che tende alla profondità, accogliente, che introduce a una grande varietà di toni e gradazioni all’interno di un unico paesaggio.
Perché un pittore decide di realizzare un intero ciclo di forme vegetali? C’è una corrispondenza nel voler dipingere dei soggetti verdeggianti con il piacere di fare una passeggiata in mezzo alla natura? Cosa si trova in questo tipo di esperienza?
La natura è un’esigenza, un paesaggio che ti attraversa, un’esperienza ingombrante. Entrare nella natura significa, infatti, venirne sovrastati: il verde è sopra di te, sotto di te, è accanto a te. È un soggetto estraneo che ti ingloba. La natura non è un nostro artefatto, non parla la nostra lingua, ma si esprime silenziosamente. I suoi tempi sono propriamente suoi, diversi da quelli umani, e nonostante sia in costante movimento si manifesta con apparente immobilità. Gli elementi che la costituiscono sono molteplici, ma la foglia è il suo simbolo. Ogni pianta ha le sue foglie, tutte diverse. Eppure, nonostante ciò, ogni foglia ci conduce verso un mondo di forme elementari, estremamente semplici; esistono svariate corrispondenze tra il mondo dei simboli e quello delle foglie. Ci sono foglie che ricordano la forma del cuore, altre che sembrano esplosioni, araldiche e arabeschi. Ogni foglia ha una sua figurazione caratteristica, ma allo stesso tempo contiene in sé una forte astrazione.
Dopo il diluvio racconta tutto questo attraverso un’offerta di pittura sincera e generosa.
L’intero ciclo ha indubbiamente una matrice rousseauiana. Alcune di queste opere sembrano infatti un focus su alcuni particolari dei più grandi dipinti del Doganiere. Ne riconosciamo il clima di ferma irrealtà, le simili forme solide della fantasia unite dalla memoria in uniche forme vegetali di una natura vista, ricordata e immaginata, avvolta e svelata all’interno di un’atmosfera rarefatta e nebbiosa.
L’intero ciclo esibisce l’estrema libertà con cui si muove l’artista, che sembra sperimentare in modo ossessivo e seriale il tema vegetale.
In questi intricati paesaggi di fogliame, è possibile riconoscere alcune somiglianze di famiglia.
Ci sono gruppi di opere che esprimono la forma vegetale attraverso un solo gesto continuo e spontaneo: in esse il senso della composizione emerge in modo immediato, sono pitture fresche e fortunate, in bilico tra il finito e il non finito, forme compiute e altre ancora allo stadio germinale, ma tutte intrise dello spirito giocoso dell’infanzia.
Alcuni dipinti, invece, sono essenziali esercizi di stile in cui la pittura è liquida e la forma emerge dai pochi gesti e dalle poche pennellate intrise di un colore scarico ma brillante: sono lavori che restituiscono un’impressione, un’immagine simile a quella delle radiografie in cui è assente la fisicità carnosa del colore, impronte simili a quelle lasciate da fossili.
Vi sono altre opere che invece ricordano dei frottage, altre che sono più simili alle serigrafie, con caratteristiche più grafiche, dalle forme chiuse, in cui prevale il disegno e la finitura del contorno, e il gioco della profondità e dei piani è reso attraverso molteplici gradazioni di velature e strati di segni con differenti toni di verde. Altri dipinti somigliano a tessuti preziosi, stampe orientaleggianti, antiche carte cinesi: qui la superficie della tela è affrontata con precisione e con la stesura di innumerevoli velature e gradi di colore e toni.
In quasi tutte le opere in mostra prevale il senso della bidimensionalità, e non a caso, perché infatti la pratica pittorica di Berra appare contrassegnata da un primato del disegno e del contorno. La sua è una pittura di superficie, e non di volumi, in cui prevale una composizione frontale.
Elogio delle vagabonde è un ciclo di dipinti immobili, che raccontano infinite scale di grandezza e possibilità, in cui la luce non esiste e dove invano si cerca l’ombra inesistente della forma. Qui, tutto ciò che è rappresentato ha la consistenza di un sogno sgravato dal peso terrestre dei volumi. Dopo il diluvio è un mondo vegetale visto con gli occhi delle creature del sottobosco, è la preghiera che la lepre fa all’arcobaleno attraverso la tela del ragno.

 

THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti
THOMAS BERRA DOPO IL DILUVIO, 2017, ph zeno zotti

INFO
Villa Vertua Masolo – Nova Milanese
Via Garibaldi n. 1
tutti i sabati dalle / 15.30 alle 18.30
tutte le domeniche / 10.00 alle 12.00 – dalle 15.30 alle 18.30
anche su appuntamento

[email protected] | 3920317056