Legature giapponesi – Intervista a Luca Cisternino

LEGATURE GIAPPONESI – intervista a Luca Cisternino
articolo di Stefano Serusi

 

Luca

Incontro Luca Cisternino durante la presentazione del corso di legatoria tradizionale giapponese che terrà a breve presso l’associazione Apriti Cielo, in uno splendido e vitale cortile di Porta Venezia, quartiere votato a rappresentare lo spirito più accogliente e curioso di Milano.
In un’atmosfera come questa ci si sente in qualche modo predisposti ad incontrare esperienze preziose come quella di Luca, che ha individuato in una pratica radicalmente manuale una vera e propria vocazione.
La prima domanda che vorrei farti è in merito al tuo percorso; la pratica artigianale è spesso vista come un’occupazione tramandata direttamente all’interno di una famiglia, mi è parso invece di capire che la scelta di affrontare le diverse forme della legatoria sia stata estremamente individuale, ed in qualche modo contrapposta ad un lavoro che oggi potremmo definire più ordinario…

La mia formazione è stata individuale, nel senso che non provengo da una famiglia di artigiani. Mi sono diplomato all’Istituto Statale d’Arte di Monza in Disegno Industriale (Design) e ho proseguito per alcuni anni alla Facoltà di Architettura di Milano con lo stesso indirizzo. Mi occupo anche di Grafica e ho studiato assiduamente per molti anni Musica e Pianoforte, e credo che la mia creatività attinga direttamente da tutte queste esperienze, che hanno allenato il mio occhio, la mia manualità e la mia sensibilità. Sono arrivato alla Legatoria artigianale attraverso un progetto sulla memoria di cui accennerò poi. Il lavoro artigianale, se condotto in modo consapevole e se sottintende passione e curiosità, rivela grandi potenzialità; la crisi che stiamo attraversando è soprattutto una crisi di valori… credo che sia un’occasione importantissima per rimettersi in discussione, per esplorare i propri talenti e per rivedere le priorità. I limiti stimolano le strategie, purché si ami profondamente quello che si fa. Il cosiddetto Lavoro è sempre più ordinario e globalizzato; scompaiono moltissime occupazioni e molti saperi tramandati da generazioni a vantaggio di quelli che ormai da tempo chiamo i “non lavori”, ossia tutte quelle attività che mirano a creare bisogni con l’unico scopo di vendere e mercificare qualsiasi cosa o che sono collegate a questo meccanismo. Un supermercato che obbliga a chiudere decine di esercizi commerciali fatti di specifiche competenze – e di persone! – non è a mio parere un passo avanti, ma piuttosto un balzo enorme verso l’appiattimento e l’omogenizzazione. È un discorso ampio che ho maturato durante i miei lunghi e faticosi anni da operaio.

Nell’approfondimento della Legatoria occidentale e di quella giapponese ci sono state alcune figure determinanti, qualcuna incontrata direttamente, un’altra conosciuta attraverso un prezioso manuale. Ci potresti dire di questi incontri, e con quale stato d’animo o aspettativa si sono verificati?
Ho scoperto la Legatoria artigianale grazie ad un “vecchio” legatore monzese, Franco Pirola, al quale avevo chiesto di rilegare i primi libri realizzati per il progetto sulla memoria di biographstudio. Come altri mestieri in via di estinzione, anche la legatoria artigianale è sempre meno diffusa. Frequentando la bottega di Franco ho pensato di imparare direttamente a rilegare i miei libri; dopo poche settimane il fascino e la passione per questo mestiere antico hanno preso il sopravvento, facendomi scoprire un piccolo talento che non sapevo di possedere.
La legatoria tradizionale giapponese l’ho studiata e assimilata da solo grazie ad un preziosissimo libromanuale lasciato dal Maestro Kōjirō Ikegami, nato in Giappone nel 1908 in un piccolo villaggio vicino Togane, nella prefettura di Chiba. Avevo in mente qualche rada immagine di legature orientali e iniziai a cercare. Rovistando nel web trovai alcuni video tutorial sulla legatoria giapponese, ma d’istinto capii che si trattava di tecniche più semplici e facilitate (occidentalizzate); non mi scoraggiai e poco dopo scoprii finalmente questo testo; iniziai a tradurlo e a studiarlo ossessivamente, mettendo in pratica le antiche regole in esso contenute. Ricordo quel periodo come uno dei più eccitanti e affascinanti della mia formazione, con occhi, mani e cuore collegati a gesti e suggestioni molto difficili da descrivere. Considero Kōjirō Ikegami un mio Maestro, al pari degli altri che ho avuto l’onore di incontrare e conoscere direttamente, e lo ricordo in ogni occasione. Il viaggio è per me tutt’altro che concluso, e gli sono profondamente grato.

Avrai percepito dalle mie domande una curiosità che trascende gli aspetti tecnici e i materiali, verso un canale più biografico. In effetti, quando si evoca una manualità paziente (e, ça va sans dire, il Giappone), la si accosta a caratteristiche umane precise. In questo senso non mi ha stupito che tu vada ricercando un contatto diretto con chi richiede il tuo lavoro. In quest’ottica, quali speri possano essere gli sviluppi della tua attività?
Spero di trasformare presto questa mia passione in un vero lavoro, anche attraverso corsi dove diffondere una parte di queste conoscenze e incontrando direttamente persone interessate non solo alla Legatoria ma alla cultura giapponese in senso più ampio. Le varie discipline si compenetrano molto più di quanto si pensi, così come le attitudini e le capacità di ogni singolo individuo possono arricchirsi a contatto con quelle degli altri. Credo molto in questo aspetto nella trasmissione del sapere.

Oscar Wilde, in un tardo ‘800 in cui si idealizzava il paese del sol levante attraverso l’esposizione di opere d’arte ed oggetti raffinatissimi, scriveva che “i Giapponesi sono la creazione deliberata e cosciente di certi artisti individuali”. Qual è il tuo rapporto con gli oggetti di uso comune? Cerchi anche nella scelta di essi un’ispirazione o non te ne curi?
Negli oggetti che mi circondano cerco soprattutto il buon senso, se devono rispondere ad un uso specifico, ma sono estremamente attratto anche dal loro potere estetico, in senso evocativo. Lo studio del Design e dei grandi maestri Italiani come Vico Magistretti, Marco Zanuso, i fratelli Castiglioni e altri provenienti dal nord Europa, hanno lasciato una traccia profonda nel mio modo di osservare quello che mi circonda. Condensare anche in un semplice oggetto d’uso comune elementi estetici caratterizzanti senza snaturarne la funzionalità è qualcosa che è riuscito a pochi, pochissimi. E non dimentico i moltissimi oggetti d’uso comune senza autore, giunti sino a noi attraverso una intelligente e sapiente evoluzione… perfetti e pieni di buon senso, appunto. E belli, bellissimi!

Un’esperienza molto importante è quella di biographstudio, in cui affronti il tema della memoria orale. Puoi dirci brevemente di che cosa si tratta? Anche in questo percorso mi pare di aver capito che le esperienze degli artigiani siano da te privilegiate…
Come ho precedentemente accennato, biographstudio è un progetto sulla memoria e sulla raccolta di storie di vita. Nasce dal mio incontro con l’amico e medico Massimo Corazza – una persona dalla fortissima vocazione artistica e manuale – durante il mio servizio civile svolto nel 1995 in una grande struttura assistenziale a Garbagnate Milanese. Realizzammo un piccolo laboratorio con alcune signore ricoverate, due delle quali quasi centenarie, nel quale raccolsi individualmente ricordi di vita, documenti, preziosissime fotografie d’epoca. A distanza di alcuni anni, trasformando quella primissima esperienza in un vero progetto e servizio, mi sono rivolto non solo alla raccolta di storie di vita sul territorio, ma anche a quelle riguardanti le professioni di vecchi artigiani i cui mestieri, con loro, rischiano di scomparire per sempre. Il lavoro è piuttosto articolato e favorisce innanzitutto una relazione forte e sincera; realizzato a misura di persona, è svolto lentamente, cercando di approfondire anziché sintetizzare le esperienze più significative di una vita. Il raccolto di questo viaggio insieme è un libro di grande formato, curatissimo e rigoroso sotto l’aspetto grafico, in cui deposito parole, documenti, fotografie, emozioni e il cui scopo è quello di essere tramandato all’interno di un nucleo familiare o divulgato all’esterno nel caso degli antichi mestieri. Un libro le cui copie rilego interamente a mano, un oggetto che diventa esso stesso memoria.

Ritornando al corso che terrai a Milano, potresti darci qualche informazione e gli eventuali contatti per l’iscrizione?
Il Corso si terrà presso l’Associazione Apriti Cielo, in via Spallanzani 16 a Milano (MM1 Porta Venezia)
apriti-cielo.it – [email protected]
Tel. 02.99203159 – 349.8682453 – 338.2172828

LUCA CISTERNINO
via Santa Caterina 30 – Besana in Brianza (MB)
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Il sito biographstudio.it, attualmente disponibile, sarà completamente rinnovato

 

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