Intervista a Michele Gabriele . articolo di Pietro Di Lecce

In occasione della mostra personale inaugurata il 17 marzo presso TILE project space, Michele Gabriele risponde alle domande di Pietro Di Lecce per CERCHIO magazine.

MICHELE GABRIELE - DENISE install view, TILE project space (courtesy the artist and tileprojectspace)
MICHELE GABRIELE – DENISE install view, TILE project space (courtesy the artist and tileprojectspace)

Che tipo di approccio c’è stato nell’interagire con le curatrici di TILE project space durante la produzione artistica? 
Fiducia

Ci sono differenze tra esporre in uno spazio indipendente o in una galleria? Credi che nel primo caso ci sia maggiore libertà d’espressione artistica?
Non so se ci sono differenze tra esporre in uno spazio indipendente o in una galleria; non ho una grande esperienza con gallerie commerciali, per ora. Probabilmente ci sono differenti priorità con cui confrontarsi, con cui scendere a compromessi. Forse anche diverse aspettative. Ma maggiore libertà in uno o altro spazio non credo. Le opere hanno dei bisogni e si cerca di accontentarle sempre.

Le opere esposte da TILE rappresentano una serie di lavori? O semplicemente sono opere che sono state eseguite in occasione della tua personale e quindi pensate in correlazione con lo spazio?
Sono un po’ entrambe le cose, sono nate con l’idea di stare assieme, forse si sorreggono, e dialogano con lo spazio, vorrebbero essere lo spazio; ma spero abbiano la capacità di vivere sole e per sempre.

Per realizzare questi lavori hai utilizzato oggetti di uso quotidiano, come ad esempio un porta asciugamani, confezioni di croccantini per gatti, un foulard ed un sacchetto dell’immondizia; spesso accosti o inglobi a questi oggetti una materia informe (spesso utilizzi poliuretano o silicone se non sbaglio). Che tipo di relazione c’è fra questi elementi così diversi? Quale significato hanno questi oggetti di uso quotidiano? 
Alcuni oggetti servono a evocare delle immagini, o delle esperienze; i materiali altri che ho utilizzato invece, vogliono essere un materiale altro. Un materiale in grado di ricordarne altri.
Le cose crescono assieme, entrambe distraggono da qualcosa d’altro in qualche modo.

Ho notato che nel tuo lavoro è presente una certa teatralità e un’attitudine sperimentale nell’utilizzo di materiali sempre diversi, mi sbaglio? 
Non saprei se c’è teatralità, c’è una ricerca; il tentativo di rispondere ad alcune domande, oppure delle domande che sto ponendo al mio lavoro.
A volte devo utilizzare gli stessi materiali e altre volte devo usarne di nuovi. Diciamo che secondo me non è questo il punto. Spero di non affezionarmi ad un materiale, cerco di fuggire dal mio gusto e da me stesso anche.

Hai una visione dell’opera d’arte in quanto oggetto? Ossia metti in maggior rilievo l’estetica o l’antiestetica delle opere rispetto a quello che dovrebbe comunicare al fruitore l’opera stessa? Credi che l’opera d’arte in realtà comunichi già da sé, indipendentemente dal volere dell’artista? 
Cerco qualcosa che sembra già esistere senza di me, cerco di aiutare una particolare predisposizione o attitudine delle opere, di diventare qualcosa.
Non credo che le mie opere abbiano forme che derivano dalla fantasia. Estetica e antiestetica mi rifiuto di pensarci è troppo difficile. È un ginepraio molto spinoso.
Credo che l’opera esista nella distanza che la separa dallo spettatore e nella sua possibilità.
Credo che comunichi sempre, ma la cosa che amo di più dell’arte è che ci consente di essere qualcosa. Ad uno spettatore in un museo direi questo:
“Ora hai un’occasione importante, non puoi decidere cos’è l’opera mi dispiace, se la odi non cesserà di esistere, ma ora puoi decidere chi sei tu. Attraverso le tue parole o il tuo senso critico, o il tuo pensiero, ti puoi presentare all’opera, cerca di fare bella figura.”

Pensi che l’unicità di un artista sia fondamentale per poter essere superiore alle mode del momento? É ancora importante poter essere riconoscibili? 
Non conosco molto bene le mode del momento, cerco di guardare tutto, contemporaneamente, e penso ancora che l’arte sia sempre contemporanea, ma per lavorare mi lascio influenzare da altre immagini, che non ritrovo nelle opere ma nella vita e nell’ambiente che mi circonda, quando se ne perde il controllo.

Ho notato che ti affascina poter collaborare con altri artisti ed interagire con loro anche nel delicato passaggio della produzione artistica, perché? Credi nell’amicizia fra artisti? Se si, segui i consigli di un amico o preferisci prendere le tue decisioni ascoltando solo te stesso?
Amo collaborare con altri artisti attraverso la condivisione di un pensiero, usare il confronto come un modo per arricchire il mio lavoro. O fuggire da me stesso. Farmi distrarre. Ora però credo di essere in un momento in cui ho bisogno di concentrarmi soprattutto su di me.
L’amicizia è un’altra cosa, ma i rapporti che ho con molti artisti sono altrettanto profondi, sono rapporti di stima, innamoramenti basati su una certa condivisione del sentire, gli amici sono qualcuno che ti ricorda chi eri una volta. All’amicizia collego un sentimento di nostalgia che non ho con nessun artista o curatore.
Con gli artisti e curatori con cui ho lavorato o con cui vorrei lavorare il sentimento che provo è opposto, è una tensione legata a possibilità future. Spesso immagino le persone con cui collaboro come saranno fra 30 anni. Invece gli amici non voglio immaginarli nel futuro ma solo pensare a come erano nel passato.
Seguo i consigli, praticamente sempre, o meglio ogni volta che li chiedo, ma li chiedo molto raramente.

Cosa pensi del mercato italiano dell’arte contemporanea? Credi che un artista italiano sia in qualche modo svantaggiato rispetto ad un artista inglese?
Non ho un’opinione sul mercato dell’arte italiano, ma non ritengo che un artista italiano sia svantaggiato. Momenti di grande crisi possono sempre generare grande qualità. Un sistema dell’arte che coccola i suoi artisti sicuramente consente loro di fare più opere, o opere più grandi, di mangiare cose più sane, di sorridere un po’, di crescere professionalmente. Paradossalmente un sistema dell’arte inadeguato o più che altro una politica che non valorizza i suoi artisti, potrebbe favorire una maggiore profondità nella ricerca di artisti che, sentendosi inadeguati, chiedono sempre di più al proprio lavoro approfondendo la ricerca.
So che suona un po’ cattolica come cosa, arrivare a qualcosa di profondo attraverso un sacrificio. Infatti non la penso esattamente così. Mi piacerebbe lavorare senza angoscia, senza paura del futuro. Ma voglio raccontarmi che va tutto bene comunque, e continuare a lavorare.

WHITY-­TRASHY transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY
transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY
transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY
transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY
transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
WHITY-­TRASHY
transparent silicone, plastic granulate, polystyrene, cats food bags, hair gel, conditioner, liquid soap, feathers, beach umbrella pole-support, foam-rubber, papier-mache; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
HOLDYTHANG Clothe hanger, sand, soil, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
HOLDYTHANG Clothe hanger, sand, soil, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
HOLDYTHANG Clothe hanger, sand, soil, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
HOLDYTHANG Clothe hanger, sand, soil, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
HOLDYTHANG Clothe hanger, sand, soil, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
HOLDYTHANG Clothe hanger, sand, soil, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
DENISE Woven fabric, metal structure, chicken turds, feathers, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
DENISE Woven fabric, metal structure, chicken turds, feathers, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
DENISE Woven fabric, metal structure, chicken turds, feathers, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)
DENISE Woven fabric, metal structure, chicken turds, feathers, chrome stickers; 2015 (courtesy the artist and tileprojectspace)