Incontro con Linda Rigotti

Incontro con Linda Rigotti articolo di Patrizia Emma Scialpi

Linda Rigotti è un’artista che mi piace. Le occasioni in cui capita di incontrarci sono momenti rari, ma piacevoli e preziosi in cui condividiamo visioni, prospettive, sorrisi. In occasione del nostro ultimo incontro, Linda mi parla del suo ultimo progetto (in collaborazione con Roberta Sireno e Anna Franceschini e presentato a Bologna presso la Galleria Tedofra a febbraio) e io le faccio qualche domanda.

 

Parlami un po’ di Mentre Sto a Questo Lago. Come è nato il progetto?

Il progetto è nato dall’incontro tra il mio lavoro (da tempo incentrato sul rapporto uomo-natura e sulla memoria sedimentata nei luoghi) e un corso di teatro d’improvvisazione a cui ho preso parte. Osservandomi e osservando le ragazze che erano là con me, ho iniziato a visualizzarle nei luoghi della mia ricerca: lago, montagna, verde. Un interrogare dunque, che ha inglobato anche un discorso circa la mia femminilità.

Sei ragazze sono state portate in una casa nel bosco, abbiamo mangiato, chiacchierato e dormito assieme per provare a creare un tipo di atmosfera che cercavo con il luogo e tra di loro/noi (considerando che non tutte le ragazze si conoscevano tra loro come anche io non conoscevo molte di loro).

Tutto è accaduto perfettamente. Come in una danza le ragazze si sono perfettamente accordate e io, corrispettivo della videocamera con loro e, a parte qualche suggerimento, o meglio indizio di base come la tempistica, i vestiti, gli oggetti, l’atmosfera che si cercava, non c’era e non c’è stato nessun copione serrato. Il tempo atmosferico, le reazioni delle ragazze, i loro movimenti erano ignoti a loro e a me. Ovviamente in alcune occasioni, ho chiesto loro di focalizzare meglio un’immagine che sul momento non riuscivo a realizzare proprio perché si presentava in maniera poco chiara, ma per il resto, è stato il caso. O quel che sia. Ad ogni modo: io, loro e il luogo, nel tempo presente delle azioni.

Il titolo “Mentre sto a questo lago” è tratto da un verso di una poesia di Roberta Sireno, scrittà là, durante le riprese.

 

Nel tuo lavoro l’elemento naturale non è solo un luogo, teatro di un accadimento ma è esso stesso protagonista. Chi o cosa muove i fili di ciò a cui assistiamo?

Si esatto: non è solo un luogo o scenografia. Mi piace disporre tutto sul medesimo piano , sia uomini, sia paesaggio; mi piace guardarli come se vivessero in un luogo magico, sott’acqua forse, al quale io sono aliena, appena approdata  in un paese sconosciuto ma ammaliata dalla bellezza e curiosa di esplorare. Non so dove sono e quindi neanche chi governa. Probabilmente se lo sapessi, non ci sarebbe esplorazione, la curiosità verrebbe meno, tutte le figure avrebbero un nome e i loro contorni sarebbero già delineati.

 

Un immaginario e una sensibilità estetica vicina a “Picnic ad Hanging Rock”, (il film diretto da Peter Weir) che, come tu stessa espliciti, è stato un punto di riferimento importante per questo tuo lavoro. Cosa hanno in comune le donne della pellicola del 1975 con le ragazze che hai invitato a partecipare al progetto?

In realtà non lo definirei un punto di riferimento importante. Il reale riferimento importante è stato per me il rapporto con queste ragazze, con il luogo, sempre, e la mia memoria che lì abita. Conoscere “Picnic ad Hanging Rock” è stata una conferma che le immagini che ho nella mente e che cerco di riprodurre non appartengono solo al mio vagare ma hanno delle corrispondenze, dei famigliari, non sono sole e dunque hanno più senso, si sentono più sicure. È certo, però, che ci sono molti elementi in comune: un gruppo di ragazze in un luogo lontano isolato e naturale, la montagna, i vestiti bianchi, gli orologi…

Le ragazze australiane vanno verso il non conosciuto per diventare esse stesse oggetto di ricerca. Diventano sconosciute, perse, scomparse, invisibili così che altri intraprenderanno la strada verso questo sconosciuto, verso ciò che non sanno e che dunque fa anche paura.

Io con la videocamera in mano mi sento così, è come se, partita in questo viaggio alla loro ricerca avessi trovato le ragazze che si vedono nei miei video (assieme al paesaggio naturale) e, affascinata e impaurita, le avessi spiate. Loro si sono perse in passato per ritrovarsi lì, sono diventate il luogo, sono la montagna, senza tempo. Non so cosa potrebbe fare ora il mio personaggio (quello con la videocamera), in questa altra terra dove è appena arrivato. Potrebbe rompersi la videocamera, potrebbe scappare senza trovare mai l’uscita, potrebbe diventare regina, potrebbe nascondersi per anni impaurito, diventare una di loro, luogo. Non so.

 

In risposta al dubbio cartesiano sulla definizione del reale, le tue protagoniste è solo attraverso l’utilizzo dei sensi che possono esperire la realtà che le circonda. Di conseguenza in “Mentre sto a questo lago” tutto ciò che passa attraverso i sensi è reale?  I riti a cui assistiamo attuano un rovesciamento tale per cui il sogno diviene la nostra realtà ed il resto, il reale a cui siamo abituati, è distante, sfocato?

Le mie protagoniste appartengono al paesaggio come l’acqua e come gli alberi. Si muovono, certo, lo percorrono ma non a partire da un pensiero “dominante”, un ragionamento, una scelta di qualche tipo che costantemente le pone in dubbio. La ragione c’è, ma si è completamente e pienamente incarnata nei loro corpi, nelle azioni appartenenti e legate a questo luogo in cui si manifestano. Tutti i sensi risultano all’erta in uguale misura, corpi vivi. Ma sono esseri umani (anche se “ai limiti”, forse quasi divinità) e l’infiltrazione del pensiero/dubbio, ad un certo punto accade e separa…

Finora ho parlato visualizzando solo il video Tempo Lento, il corpo centrale, quello più lungo dei quattro presenti nel progetto. Il primo, la testa, quello che da il nome a tutto, Mentre sto a questo lago, è per lo più una camera fissa su di una ragazza che guarda il lago. Non accade nulla. Ma da questo guardare compaiono le visioni di Tempo Lento (mattino), di Après-Midi (pomeriggio) e diDämmerung (un termine tedesco che sta ad indicare sia l’aurora sia il crepuscolo, una situazione di penombra che prepara la notte o il giorno, una soglia). Dall’acqua, insomma, giungono le figure. Dunque l’aspetto magico, onirico c’è. La bellezza per me, sta poi nel sapere che tutto è avvenuto realmente e che io ho fatto poco affinché ciò si vedesse. Il lavoro di montaggio è minimo, anche perchè applicare effetti alle riprese non mi fa stare bene, anche il suono è in presa diretta.

In tutti i video siamo comunque in un luogo e in un tempo sospeso dal quotidiano reale a cui siamo abituati. Forse se in quello che ho nominato il video “testa”, Mentre sto a questo lago siamo ancora con un piede nella nostra realtà, gradualmente si abbandona ogni resistenza e i sensi, il corpo (rappresentato in Tempo Lento) prendono il sopravvento: la ragione non è dimenticata ma in accordo al corpo e al luogo, accompagnati dalle braccia (Après-Midi), con i  piedi, vicino alla terra, soglia (Dämmerung).

Abbassate le difese nei confronti della natura, persi dunque e così ancora più presenti.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ora so che quel luogo e quelle ragazze ci sono, vivono là e non posso tornarci subito per debolezza oppure per correttezza. Intanto posso però ruotargli intorno, facendo qualcos’altro che mi avvicini di più alla comprensione. In questi mesi ho fatto un paio di performance a Torino (Atelier Giorgi, TPA, con Erica Fortunato), arte alla quale mi sono avvicinata da poco che mi ha permesso di fare nuove considerazioni sul movimento e sull’emotività miei e dell’altro in rapporto ad un particolare luogo e atmosfera. Un aiuto anche per la gestione delle riprese video, sull’aspetto rituale dentro al quale io e l’altro ci immergiamo.

Nei prossimi mesi lavorerò a due nuovi video e ad alcuni disegni, vivendo nella casa, nei pressi di un bosco, in cui avverranno le riprese. Protagoniste saranno sempre figure femminili ma questa volta di età diverse: alcune bambine, un’adulta e un’anziana. Mai (fin’ora) attrici. Mi piace creare una relazione senza strutture e dove  posso avere in regalo cose inattese, “pulite”, spontanee e che non mi aspetto. Vedremo.

 

Après-Midi Dämmerung MentreStoQuestoLago TempoLento TempoLento2